VIRGINIO SIMONCELLI Padre Saveriano resilienti 2020

VIRGINIO SIMONCELLI · Padre Saveriano, 68 anni

"Dobbiamo dare spazio alla speranzaanche quando tutto sembra perduto"

A darci sostegno è la fede. È affidandoci a Cristo che abbiamo affrontato le sofferenze dello scorso marzo, pur nell’impossibilità di contatti e relazioni a cui si era costretti. Quasi ogni giorno tra i nostri fratelli c’era un decesso: a causa del Covid se ne sono andati quattordici. Sono un missionario Saveriano, mi hanno ordinato sacerdote nel 1978 e ho vissuto per oltre vent’anni in Congo. Ora sto a Parma dove sono direttore spirituale della Teologia Internazionale e mi occupo della nostra Onlus. Risiedo al quarto piano della Casa madre dove si trova chi ha particolari problemi o patologie, come in un sorta di Rsa. La scorso marzo ci siamo chiusi dentro per circa un mese, al quarto piano ci siamo ammalati di Covid quasi tutti. Ognuno stava nella sua stanza, non abbiamo nemmeno potuto salutare i fratelli che sono deceduti. La sofferenza più grande è stata proprio non poterli accompagnare. Purtroppo è stato così per molti anche negli ospedali, non solo per noi. Non abbiamo però ceduto allo sconforto perché sappiamo che il Signore è con noi anche nella sofferenza e nella morte. Io sono convinto che sia vicino a tutti, anche a chi non crede. È chiaro che la disperazione fa parte dalla vita dell’uomo, ma è fondamentale dare spazio alla speranza anche quando tutto sembra perduto. Cinque anni fa ho avuto un’infezione da stafilococco che ha rischiato seriamente di lasciarmi paralizzato dalla testa in giù. Stavo per tornare in Congo, dove ho passato 22 anni della mia vita, lavorando con una tribù da cui ho imparato molto - e da cui credo di aver più ricevuto che dato. Ero felice di tornare in Africa e invece la malattia mi ha fermato. Sono stato ricoverato per nove mesi senza potermi quasi muovere, poi, poco a poco, con grande stupore dei medici, ho recuperato la mobilità. Questo fatto credo abbia creato in me un senso di profonda fiducia nel Signore. Mi ha dato la forza di riprendere il cammino, sapendo che come c’è la salute c’è anche la malattia e bisogna accettare ciò che la vita ci pone davanti. Forse questo mi ha aiutato anche nei momenti più difficili della pandemia che, nel complesso, credo sia un’esperienza devastante se non per l’attenzione che riporta sul senso delle relazioni e dell’essere famiglia.