GIANNI DOMENICHINI Vice presidente Croce Rossa Parma resilienti 2020

GIANNI DOMENICHINI · Vice presidente Croce Rossa Parma, 59 anni

“Abbiamo dato tutto quello che potevamo, superando la paura insieme”

Tra i volontari c’era grande stanchezza, ma anche tanta forza alimentata dalla voglia di fare del bene. La scorsa primavera siamo stati travolti dalla rapidissima diffusione del virus. Ricordiamo con commozione il giorno più nero, il 20 marzo 2020, con oltre 170 ricoveri di pazienti Covid a Parma. La primavera era alle porte, ma per noi era ben lontana. Voltandomi indietro, però, vedo con orgoglio un vasto movimento di persone che ha cercato di fare da argine a questo tsunami sanitario. Durante il lockdown sono stati tanti i volontari a disposizione. Come vice presidente della Croce Rossa Parma volevo essere d’esempio, ma restavo sempre con la sensazione di dover fare di più. È difficile parlare di quello che abbiamo provato, ma posso dire che abbiamo dato tutto quello che potevamo, vincendo la paura insieme. Molti dei volontari sono ragazzi giovani e non è stato semplice. Abbiamo però soccorso tutti grazie anche all’Assistenza Pubblica e alla Croce Rossa dell’intera provincia. Nessuno è rimasto solo; poi purtroppo abbiamo assistito anche a tante morti improvvise in ambulanza a causa dei danni del virus. In quarant’anni di Croce Rossa pensavo di avere visto il peggio, ma questo, pur non essendo cruento, era insostenibile. Provate a mettervi nei panni dei familiari di chi viene allontanato e “restituito” dentro a un vaso: è la negazione del lutto, degli affetti e di tutto quel che riguarda il passaggio dalla vita alla morte che dovrebbe essere il più garbato, dolce e silenzioso possibile. In quei casi invece c’era una sirena che arrivava, volontari incappucciati che trasportavano via qualcuno, lasciando solo che guardasse negli occhi i suoi cari. In quei momenti nessuno poteva essere accompagnato, quindi per noi era importante anche dare conforto ai pazienti con delicatezza, rispetto e amore. Il punto poi era proteggerci. Evitare il contagio. Io stesso mi sono ammalato a metà marzo, come mia moglie e mia figlia di 29 anni. Ed è stato difficile perché sapevo che i volontari erano dentro una battaglia alla quale, in quelle settimane, non potevo partecipare.