Non sono una persona coraggiosa, ma in quel periodo ho imparato a non lasciare spazio alla paura. L’ho fatto grazie al lavoro di squadra, alla forza che ci siamo dati restando uniti, e alla presa di coscienza, insieme agli altri volontari, del grande bisogno e dello sforzo che la città ci richiedeva in quel momento. Così abbiamo resistito e ci siamo sempre stati: anche più numerosi del solito, attivando servizi aggiuntivi, e mettendo in campo tutte le risorse che avevamo per far fronte alle nuove esigenze di sanificazione e sicurezza legate al virus. Non è stato facile. Abbiamo cercato di gestire tutto in divenire: ogni giorno non era uguale all’altro e le criticità erano sempre diverse. La mia preoccupazione principiale, proprio per il ruolo che ricopro di Comandante dei militi volontari dell’Assistenza Pubblica Parma, non era solo la garanzia di svolgimento dei servizi, ma anche quella di mantenere in sicurezza chi era sul campo. Specie all’inizio, nessuno poteva darci certezze, quindi in ogni nuova fase dovevamo pensare a come alzare il livello di protezione per i volontari. Il tutto aggravato dalla preoccupazione dei numeri che aumentavano di giorno in giorno: nessuno di noi era in grado di capire se avremmo retto alle richieste che crescevano a ritmo incalzante. Sono stati mesi di notti insonni e fatica, ma anche di grande collaborazione con le altre associazioni della provincia, e di rinnovata unione tra di noi. La risposta del corpo militi volontari è stata sempre molto alta ed è oggi motivo di orgoglio. Nel periodo tra il 22 febbraio e il 5 maggio, sono state 517 le persone che hanno fatto almeno un turno qui. Credo sia un dato significativo davanti a questa pandemia di cui ancora non vediamo la fine. Abbiamo avuto tutti paura, non ho vergogna a dirlo, ma nonostante questo la maggior parte dei volontari si è fatta su le maniche per mettersi a disposizione. Di fronte a un bisogno così alto della città nessuno si è tirato indietro.