DARIA VETTORI · Psicologa e volontaria, 51 anni
“In quei mesi la condivisione è stata la cura per il dolore, nel mio lavoro e nella mia vita”
Ho perso mio papà a causa del Covid ed è stato molto doloroso. Lui era in perfetta salute ed è stato un lutto improvviso e sconvolgente per tutta la famiglia. Quando uno dei miei figli mi ha detto che avrebbe fatto il volontario per un progetto di restituzione effetti personali delle vittime di Covid, mi sono resa disponibile anche io. Fin da subito ho sentito il profondo valore di questa iniziativa. Da un lato perché nemmeno a me erano state restituite dall’ospedale le cose di mio padre. Dall’altro mi motivava l’idea di poter fare qualcosa per chi, come me, aveva vissuto una perdita così drammatica. Essere da entrambe le parti mi ha fatto sentire la potenza di ciò che stavo facendo. E mi è servito molto: per allontanare il senso d’impotenza, elaborare l’accaduto, e sentire che poteva lasciarmi qualcosa che non aveva a che fare solo con il dolore e la perdita. Il percorso è stato poi naturale: abbiamo pensato di rendere le riconsegne molto concrete, ma anche di ritualizzare il momento dello scambio, coinvolgendo altri volontari che, come me, fossero psicologi - quindi preparati all’ascolto. Si è creato così un bel gruppo per portare avanti questa esperienza che ha preso il nome di “Parma che cura”. Il valore simbolico delle restituzioni era altissimo, io stessa l’ho vissuto quando mi sono state consegnate le cose di mio papà, perché oltre a quel momento non c’era stato nessun’altro rito. Lui se ne era andato così: senza poterlo salutare. Non è stato semplice, ma ne è valsa la pena. La relazione e la condivisione sono stati in quei mesi una cura per il dolore, nel mio lavoro e nella mia vita. Ecco perché, a mio parere, il vero messaggio di speranza non è “Andrà tutto bene”, ma piuttosto “Non sei solo” - che è declinato al presente e offre una certezza capace di rassicurarci. Questo, in fondo, è il senso del nostro progetto e di tante altre iniziative fatte in quei mesi per gli altri. Qui con me c’era anche chi ha ripulito e riordinato gli oggetti dei defunti, oppure ha cucito e decorato a mano le borse per contenerli. Abbiamo riconsegnato centinaia di pacchi e dietro c’erano persone che avevano in mente il dolore degli altri e ciò che stavano attraversando.