ALESSANDRO D’AGOSTINO · Operatore ecologico, 49 anni
“In quei momenti abbiamo ritrovato il valore del nostro lavoro”
C’era il silenzio delle strade deserte, e quell’aria pesante: carica di tensione. Del periodo di lockdown conservo una sensazione non ancora svanita che sto cercando di comprendere, o forse di metabolizzare, ora che la nostra vita si sta modellando su questa interminabile pandemia. Mi porto dentro quel clima ansioso che era tangibile anche di notte, quando passavo tra le case, facendo il solito giro di raccolta rifiuti indifferenziati nel centro storico di Parma. Di contro, mi resta la gentilezza degli utenti, e il senso di responsabilità che tutto questo ha fatto venire a galla - tra i miei colleghi e in molte altre persone. La spinta a fare il proprio dovere, e la propria piccola parte, ha prevalso in modo netto. Certo, c’era anche il fatto di continuare a portare a casa uno stipendio fisso, che non era un’opportunità concessa a tutti in quel momento. Ma credo che il senso del dovere abbia contato molto tra noi che facciamo questo mestiere di cui, lo ammetto, quando ho iniziato, un pochino mi vergognavo davanti ai miei due figli. Ricordo che per rendere meno umile la mansione agli occhi di mia figlia più piccola, oggi dodicenne, le dicevo che avevo il compito di pulire il mondo. E così è stato: in quei mesi, insieme ai colleghi, ho contribuito a tenere pulita la città e gli spazi di tutti, che in tempo di pandemia non è una cosa trascurabile. Abbiamo davvero ritrovato il valore del nostro lavoro. E io mi sono sentito esempio per i miei figli: alzandomi ogni mattina per dare il mio contributo mentre tutto il resto attorno a noi era fermo. Un segnale di coraggio, forse, ma specialmente uno stimolo a guardare le cose con speranza: quella stessa con cui sono andato avanti in quei giorni, insieme agli altri operatori ecologici; e insieme a tutti quelli che, sui rispettivi fronti, hanno lavorato per gli altri.